Sull'Oro si torna all'antico?
- 18/09/2024
La relazione fra il metallo giallo ed i tassi di interesse è molto semplice: essendo un asset - per alcuni addirittura una moneta - che però non offre remunerazione alcuna agli investitori (né cedole, né dividendi: soltanto capital gain); è naturale che risenta della concorrenza delle altre asset class a disposizione degli investitori.
In particolare, sterilizzando la questione dall'inflazione che distorce i confronti di lungo periodo, sussiste tipicamente una relazione inversa fra oro e tassi reali: quando questi salgono, il prezioso ne risente. Quando i rendimenti al netto dell'inflazione puntano verso il basso, l'oro ne beneficia.
Questa correlazione inversa è saltata clamorosamente con l'invasione dell'Ucraina, e con le decisioni assunte dal mondo occidentale nei confronti dell'occupante russo.
Quell'evento drammatico ha generato un surriscaldamento dei prezzi al consumo, e una rincorsa più che proporzionale dei tassi di interesse. Eppure, nonostante i rendimenti reali a 10 anni negli Stati Uniti siano balzati dal -1 al +2.5%, l'oro noncurante ha proseguito la sua forsennata corsa verso l'alto: raggiungendo alfine nuovi massimi storici, ed avvicinando il target di lungo periodo a 2.700 dollari, esplicitato da AGE Italia in tempi non sospetti.
Questo per la domanda addizionale apportata dalle banche centrali, in particolar modo delle economie di recente industrializzazione ed in generale di stati che temono operazioni di confisca delle riserve valutarie, analogamente a quanto occorso a Mosca un paio di anni fa.
La novità dell'ultima ora però è un'altra: a quanto pare, è stata ripristinata la correlazione inversa: con la quotazione del metallo giallo che ha guadagnato ulteriore terreno, mentre i rendimenti reali sono orientati verso il basso. Come teoria contempla.
Un caso? lo vedremo in futuro, quando la dinamica del costo del denaro sarà meno accomodante di quella recente.