Cosa sta succedendo alle obbligazioni emergenti?

- 03/04/2020
Quello a cui abbiamo assistito nel mondo dei fondi obbligazionari emergenti in queste ultime settimane di marzo è un qualcosa che negli ultimi 15 anni abbiamo visto solo all’epoca del fallimento Lehman di ottobre 2008.
Un terremoto di magnitudo fortissima se consideriamo che la perdita settimanale di uno degli ETF storici quotati a Milano, l’Xtrackers Emerging Market Government Bond, ha superato nel punto più acuto del ribasso il 14% contro il -12% del 2008.
Prendendo i primi 4 ETF per capitalizzazione quotati a Milano a cambio aperto vediamo subito come le performance da inizio anno sono alquanto negative con un recupero molto blando dai minimi dei giorni scorsi.
La misura del rischio dei paesi emergenti è sintetizzata da anni nell’indice JPM Embi Global Plus Spread. Il differenziale misurato sul tradizionale titolo free risk a 10 anni americano in questo mese di marzo ha già toccato i 600 punti base prima di ripiegare leggermente negli ultimi giorni.
Quello che però non sfugge è l’interruzione, netta e senza appello, del trend di compressione dello spread che aveva caratterizzato gli ultimi 20 anni. Dai picchi della recessione del 2001 ai 750 punti base del 2008 (con picchi a 900) fino ai 525 del 2016.
Dopo un lungo periodo di trading range con zona 250 punti base a delimitare ogni ulteriore velleità del premio al rischio per i paesi emergenti, il mercato ha ricominciato a prezzare il rischio sui bond non appartenenti al mondo sviluppato. Un fenomeno particolarmente accentuato su paesi come ad esempio il Sud Africa e la Turchia. I Cds in questo caso sono più che raddoppiati in 1 mese superando di slancio i 400 punti base sulle emissioni in Dollari.
Dallo spread passiamo direttamente al rendimento che è in grado di spuntare in questo momento chi compra bond emergenti.
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