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Il driver dell'andamento dell'Euro/Dollaro

Sì, conta il contesto internazionale, il differenziale dei tassi di interesse, la dinamica dei prezzi al consumo, lo stato di salute della ripresa, il vigore delle commodity, e tante altre cose. Ma in estrema sintesi, l'andamento del cambio più osservato del pianeta dipende soltanto da un aspetto: il confronto fra gli indici delle sorprese economiche delle due sponde dell'Atlantico.
Che siano gli indici calcolati da Citi, o da Goldman Sachs, o da Nomura, o da Bloomberg, o ancora da JP Morgan; alla fine della fiera gli ESI (Economic Surprise Index) confrontano i dati macro conseguiti con le aspettative che ne hanno preceduto la pubblicazione. Come è noto, il dato è crescente se le release battono le stime, a prescindere dal livello assoluto del dato; punteranno verso il basso in caso contrario.

Come si può notare, da ottobre in avanti l'ESI dell'Eurozona ha "battuto" l'ESI americano (linea rossa, scala di sinistra): le notizie economiche nel Vecchio Continente, hanno sorpreso in positivo, più e meglio di quanto abbiano fatto negli Stati Uniti. Questa dinamica ha trascinato verso l'alto la performance a tre mesi dell'Eur/Usd, al primo dato ben correlato. Tipicamente l'ESI anticipa il tasso di variazione dell'Euro/Dollaro di tre settimane.
A dirla tutta di recente si è venuto a creare un certo ritardo da parte del cambio rispetto al fattore macro: verosimilmente per fattori di natura geopolitica, destinati ad un certo punto a rientrare. A quel punto, si conseguirà il riallineamento fra la performance del cambio, e il differenziale di sorprese macro.

Il responsabile del settimanale Strategie Valutarie condivide su sT parte delle analisi riservate ai suoi abbonati. Continua...