Puntualmente, le criptovalute risorgono come l’araba fenice

- 30/03/2023
L’ultima tegola piovuta sulla testa è lo scandalo Binance, su cui sta indagando la CFTC americana, la quale avrebbe rilevato irregolarità regolamentari nei rapporti con controparti operative. Una storia torbida, fatta di triangolazioni con paradisi fiscali e di broker usa compiacenti, che raggiunge gli operatori quando ancora viva è la sensibilità colpita dal fiasco di FTX.
Al solito gli investitori si dividono radicalmente. Quando si parla di criptovalute gli schieramenti in campo non annoverano nelle loro fila rialzisti e ribassisti, Orsi e Tori; bensì evangelisti e pubblica inquisizione. Le previsioni sul futuro di questo universo sono binarie: o si tratta della più grande scoperta dell’umanità, o di una frode senza precedenti.
E tuttavia i paragoni con le manie speculative del passato cessano presto. Perché bitcoin – minato per la prima volta ormai ben 14 anni fa... – è risorto dai crolli non una, ma almeno quattro volte. Alla fine del 2018, quando il Btc/Usd ripiegava dell’80% dai massimi a 4400 dollari, un ribassista per tutte le stagioni come Nouriel Roubini annunciava trionfante: «Mi sento vendicato. Questa bolla è finalmente esplosa». Sarebbe sceso ancora per poche settimane, prima di esplodere del 2000% tre anni dopo.
Il successo delle criptovalute, malgrado le avversità, si spiega con la progressiva adozione da parte di un pubblico sempre più professionale. Gli investitori istituzionali hanno sopravanzato da tempo il pubblico retail, ridimensionato ad una nicchia di appassionati. L’adozione complessiva continua, con 425 milioni di persone che in varia misura detengono criptovalute, segnala la piattaforma Crypto.com. Negli Stati Uniti, fra il 10 ed il 17% della popolazione detiene criptovalute.
Con il passare del tempo, questa asset class ha perduto la sua natura monolitica. Ogni valuta ha dato priorità ad un aspetto, al punto tale che molto spesso la fungibilità è andata definitivamente persa. Nel frattempo la marcata correlazione con il mercato azionario, tratto distintivo della stagione successiva alla emergenza pandemica, ha manifestato cenni di rientro. Dal 2012 al 2020 il coefficiente di correlazione fra la performance settimanale dell’Usd/Btc e quella dello S&P500, ha oscillato attorno allo zero: nessun nesso.
Dal punto di vista squisitamente tecnico, il bitcoin ha iniziato l’anno in modo arrembante, con il deciso superamento della media mobile spartiacque più volte contenitiva l’anno precedente. Lo stesso argine ha agito da supporto di recente, prima dell’ultimo slancio verso l’alto.
L’attenzione è ora puntata sulla barriera situata a 35 mila dollari. Qui la spinta verso l’alto andrebbe incontro ad un potenziale upgrade qualitativo: da rally correttivo del precedente declino, a genuina nuova gamba di rialzo in caso di forzatura della resistenza.
Secondo il modello valutativo di Arbor Research, il fair value si attesta a 22500 dollari, sicché il cambio in esame risulta correntemente sopravvalutato rispetto al valore di equilibrio. Una eventuale estensione fino alla soglia citata, giungerebbe all’appuntamento fatale in condizioni di prostrazione tecnica. Difficilmente a quel punto si manifesterebbero le condizioni ideali per un break verso l’alto. L’appuntamento con il destino sarebbe rimandato alla seconda parte dell’anno, perlomeno.