Consolidamento sì, bear market no

- 19/04/2021
Decisamente corale la partecipazione delle società quotate negli Stati Uniti, al bull market magistralmente segnalato dall'ennesimo massimo storico dello S&P500 (il 23esimo, quest'anno). Venerdì sera il 96% delle società incluse nel paniere dell'indice, a sua volta si collocava sopra la propria media mobile a 200 giorni. In altre parole, nessuna azione è rimasta indietro. Questa è una considerevole differenza rispetto al precedente bull market, che nel 2019 poggiava sull'operato di poche, pochissime società ad elevata capitalizzazione: le azioni del FANG.
Dal 2008, una proporzione superiore al 90% è stata registrata in sole altre tre occasioni. In tutti i casi il segnale di coralità ha preceduto diversi mesi di ulteriore crescita delle quotazioni azionarie. Nella peggiore delle ipotesi (2011) un massimo definitivo è intervenuto tre mesi dopo.
Naturalmente si tratta di una casistica troppo ristretta per pervenire a conclusioni definitive. Il punto però è un altro: i bear market non si manifestano in condizioni così spettacolari di ampiezza di mercato. Prima di un top interviene un deterioramento, in termini partecipativi, che ancora non si scorge nemmeno all'orizzonte. Per cui si può ben contemplare più avanti un salutare consolidamento; senza però commettere l'errore, ricorrente in questi dodici anni, di scambiarlo per inizio di chissà quale bear market.