Il V2i aveva segnalato il minimo di marzo

- 27/08/2020
Si dice che il bottom è un evento, mentre un top è un processo. Dietro questa massima si nasconde uno schema comportamentale ben differente ai massimi piuttosto che sui minimi di mercato: elaborati e prolungati i primi, fulminei i secondi.
In effetti il top di febbraio di quest'anno è stato a ben vedere il terzo picco, dopo quelli di settembre e gennaio 2018: una sorta di distribuzione, che ha preceduto il drammatico bear market di febbraio-marzo. Il fatto è che questo bear market è stato preceduto da condizioni estreme di valutazione e di volatilità; condizioni ora ribaltate.
Il nostro V2i combina in un solo indicatore il valore fondamentale espresso dal Price/Earnings con la volatilità di mercato: contemplare il primo senza considerare la seconda è futile e fa pervenire a conclusioni parziali.
Letture del V2i superiori a 2.8 volte sono coincise con i massimi del 2000 e del 2007. Hanno segnalato prematuramente un picco nel 2017, con il crollo arrivato soltanto tre anni dopo. Ora però le condizioni si sono ribaltate.
Il V2i conosce un livelli mediano fra 1.4 e 2.1 volte, e un valore estremo inferiore a 0.7. Letture inferiori al 70% di converso sono coincise con i minimi di mercato: 1990, 2002, 2008-9, metà 2010, estate 2011. Ora, ci risiamo.
A marzo il V2i è scivolato di nuovo in territorio estremo: la combinazione di fondamentali e volatilità ha segnalato un potenziale minimo di mercato, e così è stato. L'aspetto confortante per gli investitori è che la risalita del V2i è ben lungi dall'aver conseguito rilevazioni che possano fare temere l'imminenza di un massimo di mercato: siamo soltanto su livelli mediani men che mediani.