I guru rimangono in trincea

- 11/03/2013
Gli strategist della case di brokeraggio di Wall Street avevano molto da farsi perdonare: quando ormai la bolla della new economy ad inizio dello scorso decennio era già scoppiata, essi caldeggiavano l’acquisto di azioni, rilevandone lo sconto rispetto alle quotazioni da capogiro di un anno prima. Ad aprile 2001, con il bear market già avviato, l’esposizione raccomandata in borsa toccava il 72% del portafoglio tipo, e soltanto la tragedia dell’11 settembre avrebbe indotto una maggiore cautela. Quel “fallimento epico” ha segnato profondamente la categoria, mostratasi più cauta negli anni successivi per non perdere la faccia.
La rilevazione dell’allocazione media in azioni da parte dei guru delle banche di Wall Street propone utili riflessioni. Il dato medio storico si colloca a poco meno del 62%: è il cosiddetto benchmark, che separa le gestioni aggressive – quando la componente azionaria supera questa soglia – dalle gestioni difensive, quando l’asset manager si mantiene sotto pesato rispetto a questa asticella. Rispetto a questo dato medio storico, possiamo definire degli estremi statisticamente, situati a una deviazione standard sopra e sotto la media.
Ciò ci permette di cogliere gli estremi nel sentiment di una tipologia di investitore che comunemente è ritenuto pressoché infallibile, o comunque abbastanza preciso nella formulazione di strategie. Notiamo dunque che gli strategist raccomandarono una sottoesposizione nel 1997: il mercato azionario sarebbe raddoppiato da allora. Ruppero gli indugi e cavalcarono essi stessi il tema della new economy all’inizio dello scorso decennio, come già detto. Salvo ridimensionare progressivamente il loro entusiasmo e tagliare a più riprese l’esposizione raccomandata in azioni, fino ad un minimo statisticamente rilevante nel 2009: giusto in tempo per perdersi un nuovo bull market.
Durante il quale, invero, non sono mai stati sovraesposti, per la delusione di chi ha affidato loro denaro da investire: al più, hanno mantenuto una esposizione “a benchmark”. Questo, fino ad un anno fa, quando le minacce esogene – reali o presunte – hanno frantumato le loro convinzioni. Fino a convincerli di raccomandare a luglio dello scorso anno soltanto il 41% del portafoglio investito in borsa: ancora una volta, una tempistica sciaguratamente infelice.
Da quei minimi la borsa è ripartita e ha raggiunto nuovi massimi storici in termini di indice Dow Jones: qual è il sentiment degli strategist oggi? Desolatamente cauto: un modesto upgrade, fino al 45% raccomandato in azioni. Di certo qui non vi è euforia: vi dovrebbe essere, se il rialzo degli ultimi quattro anni fosse stato adeguatamente capitalizzato. In ottica contrarian, questo dato fa riflettere...