La magra figura dei Guru

- 31/10/2013
Nel suo quinto anno di anzianità il bull market delle borse mondiali è ancora ben impostato. E dal 2009 ha dispensato copiose plusvalenze a chi ha avuto l’umiltà di sentire il cosiddetto “battito della giungla”; mentre ha dispensato carbone (sotto forma di ripetute minusvalenze) a chi ha avuto la presunzione di saperne più del mercato, anteponendo il proprio giudizio soggettivo alla fondamentale legge della domanda e dell’offerta.
Fortunatamente coloro che sono rimasti a guardare o hanno “shortato” rappresentano un’esigua minoranza: difficilmente un boom così prolungato, così lineare e indiscusso, può essere scambiato per qualcosa di differente.
Eppure, sbaglierebbe chi ritiene che fra gli astenuti del long figurino solo investitori non dotati di apposita strumentazione analitica (per inciso: l’analisi tecnica, pacificamente, è stata l’unica disciplina ad aver “predetto” questo bull market). La domanda è perciò la seguente: come spiegare la magra figura rimediata dai guru di Wall Street? Il terminale Bloomberg raccoglie ogni settimana l’allocazione media in azioni raccomandata dagli strategist delle case di brokeraggio di Wall Street. Ci si aspetterebbe che questi “mega illustri analisti”, dagli stipendi a 5-6 zeri, siano in grado di vedere giusto. E invece no: forse, chissà, non fanno utilizzo di analisi tecnica...
Ancora oggi, l’allocazione media in azioni da parte dei guru di Wall Street si attesta al 50.9% del portafoglio modello. Non sfugge il fatto che il dato risulti crescente da più di un anno e si attesti ai livelli più elevati dal giugno 2012. Ma, per dire, a marzo 2009 gli strategist interpellati erano anche più ottimisti. E da lì partì un rialzo di cui ancora stiamo godendo i frutti. Quando a metà 1997 gli strategist vantavano un simile livello di cautela (solitamente l’asset allocation è “60-40”: 60% in azioni, 40% in bond), lo S&P si preparava a raddoppiare di valore; e il Nasdaq avrebbe fatto anche molto meglio.
Una esposizione così misurata, nonostante i nuovi massimi storici e quasi cinque anni di rialzi pressoché ininterrotti (mai infatti dal marzo 2009 si è registrato un formale bear market, se per esso si intende una contrazione superiore al 20% da massimo a minimo), lascia davvero a bocca aperta, se si considera che storicamente il dato medio si attesta al 62%, con estremi statistici (una deviazione standard sopra e sotto la media) situati al 70 e 53%. Livelli superiori denotano entusiasmo che di solito è seguito da lacrime: nel 2001 questo ottimismo anticipò un drammatico bear market. E livelli statisticamente bassi come visto suggeriscono l’imminenza di un bull market.
Non c’è che dire: i guru hanno rimediato una magra figura. Ma fanno sempre in tempo a riscattarsi. Quando decideranno di cambiare casacca, indossando un rosso sgargiante con sopra raffigurato un bel toro baldanzoso, sono pregati di farcelo sapere...