Per trovare i setup ribassisti bisogna cercare (ma ci sono)

- 19/10/2017
In questi giorni è tutta una commemorazione del Lunedì Nero. Dimostrando un insano senso di masochismo, investitori e soprattutto osservatori e analisti rievocano il crollo di trent’anni fa, che in due mesi sacrificò complessivamente il 35% del Dow Jones; omettendo colpevolmente come da quel minimo la borsa americana sarebbe salita del 1231% nei trent’anni successivi. Dividendi esclusi, s’intende.
Questa è ormai materia da psichiatri, non da analisti tecnici. Complici media desiderosi di ricostruire una improbabile verginità, malgrado un favoloso bull market il pessimismo prevale. Lo si desume non tanto dai sondaggi sul sentiment, che pur lasciano il tempo che trovano; quanto dall’esame dei flussi di investimento: in uscita.
Eppure non è impossibile imbattersi in elementi e fattori che pur inducano alla cautela. Certo, il peso dell’evidenza è a favore del Toro. Il bull market è maturo, e non siamo così ferocemente rialzisti come quattro anni fa; quando vantavamo una esposizione in azioni pressoché totalitaria. Questo per la comparsa di alcuni, timidi campanelli di allarme che invitano ad un approccio propositivo, ma vigile.
Prendiamo i nostri colleghi americani. A poco più del 55% di un portafoglio tipo, advisor e analisti tecnici americani sono piuttosto guardinghi. La percentuale da destinare all’Equity si attesta al di sotto della classica esposizione attorno al 60%.
A riprova dell’assunto si noti come, in prossimità dei massimi del 2000, gli analisti finanziari suggerivano di investire in borsa più del 70% del patrimonio; e, al 66%, questa proporzione nel 2007 restava considerevole. Si sa: l’euforia è contagiosa e investe anche i professionisti.
Rispetto a queste percentuali, allo stato attuale gli advisor sono oggettivamente cauti. Certo, non pessimisti come nel 2012, quando l’allocazione raccomandata mediamente in azioni si spinse oltre una deviazione standard sotto la media storica; ma non certo esuberanti.
Eppure si nota un fil rouge che collega tutte le rilevazioni degli ultimi vent’anni: linee di tendenza che connettono i massimi, e che hanno contenuto il crescente possibilismo degli analisti.
Una resistenza? si direbbe di sì: quando questa soglia fu toccata, ad inizio secolo, a marzo 2007 e a febbraio 2011; ciò anticipò di alcuni mesi importanti massimi di mercato.
Il Top non è evento imminente, e di questo dato teniamo conto, nel complesso calderone che a cadenza mensile stabilisce la nostra, di allocazione azionaria. Ma ci sorprende come le discussioni sulle prospettive di mercato, poggino sempre su elementi soggettivi ed emotivi, e mai su dati oggettivi e incontestabili.