Quanti fifoni tra i “guru” di Wall Street

- 20/03/2015
Bisognerà inventarsi qualcosa per tirare su il morale degli strategist di Wall Street: i “guru” della borsa, com’erano rispettosamente etichettati una quindicina di anni fa. Magari, molti nemmeno lo ricordano ma è ovvio: chi oggi comincia a produrre reddito nel 2000 era ancora minorenne. Sta di fatto che questi soggetti, che negli uffici ovattati delle grandi banche di investimento di Wall Street & dintorni, disegnano scenari e portafogli, vivono da anni un’apatia contagiosa. Sono infatti lontani i tempi in cui suggerivano in media un investimento in borsa di più del 70% del proprio patrimonio: questo dato, che misura la propensione piuttosto che l’avversione al rischio, è andata continuamente calando.
Allo stato attuale, l’esposizione media in azioni, stando al “Sell side Consensus Indicator” stilato da BoA Merrill Lynch (disponibile fra gli altri sul terminale Bloomberg), si attesta a meno del 50%. Se si considera che tipicamente i professionisti raccomandano di investire in borsa il 60-65% del portafoglio, si ha una misura dell’attuale cautela.
La banca americana, che da diversi lustri cura questa preziosa statistica, raccomanda di collocare il dato in questione all’interno di un banda dinamica posizionata a due deviazioni standard dalla media storica. Poiché, appunto, il valore medio si attesta al 60%, si rileva come estremi statisticamente rilevanti siano posizionati, allo stato attuale, al 73 e al 46%. Una esposizione superiore o inferiore a queste soglie denuncerebbe rispettivamente un eccesso di ottimismo e pessimismo “intollerabili”.
E in ottica contrarian, pagherebbe essere bearish nel primo caso, e bullish nel secondo.
In effetti, all’inizio dello scorso decennio gli strategist furono “fatalmente” esuberanti, atteggiamento poi pagato a caro prezzo dagli investitori. Da alcuni anni, invece, risultano insopportabilmente cauti: allo stato attuale, l’esposizione raccomandata in azioni è addirittura inferiore a quella suggerita in prossimità dei minimi del 2009 e del 1997. E tutti ricordiamo come reagì il mercato negli anni immediatamente successivi.
Ciò non vuol dire che siamo alla vigilia di un bull market: qualora qualcuno non se ne fosse accorto, il bull market ci allieta ormai da sei anni…
Vuol dire però che il sentiment del mercato appare poco compatibile con un bear market, almeno da questa prospettiva. Si consideri che Merrill Lynch stima una probabilità di rialzo del 100%, per lo S&P, a fronte di questo livello di sentiment. Ciò significa che lo S&P500 (sulla base del comportamento medio storico), sarebbe destinato ad arrampicarsi fino a 2500 punti.
Una proiezione fantascientifica. Anche il più tenace rialzista, arrossirebbe nel proporre un simile obiettivo. Ecco perché è opportuno allietare le tristi giornate dei guru di Wall Street: non è possibile che, dopo sei anni di rialzi, siano così cauti nel raccomandare di investire in borsa.