La volatilità è bassa? No, può scendere ancora!

- 07/07/2014
Gli investitori americani vivono nel migliore dei mondi: una crescita delle quotazioni lineare, senza correzioni (l’ultima risale addirittura ad ottobre 2011, più di mille giorni fa) e con una bassissima volatilità. Le loro preghiere (“non investo perché c’è volatilità”, “non investo perché il mercato scende”) sono state esaudite da tempo.
Sullo S&P 500 risale al 16 aprile scorso l’ultimo giorno in cui è stata registrata una variazione giornaliera superiore al punto percentuale in valore assoluto. Prima d’oggi, l’ultimo anno in cui Wall Street ha sperimentato più di 50 sedute senza una chiusura distante almeno l’1% rispetto a quella precedente risale al 1995 (grafico sotto), praticamente, una generazione fa, per gli investitori. Nemmeno nel 2003-2007 la volatilità fu così bassa.
L’aspetto interessante è che una bassa volatilità non è incompatibile con un (ulteriore) rialzo del mercato; al contrario, l’esperienza storica suggerisce diversamente.
La sostanza non cambia se si esamina un indicatore che esprime una misura diversa di volatilità: quella implicita nelle opzioni “at the money” sullo S&P500. L’indicatore è calcolato dal CBOE e prende il nome di VIX.
Sappiamo tutti che il VIX ha raggiunto livelli che non si sperimentavano dal 2007, ma si tratta di una informazione parziale e un tantino in malafede. Intanto perché nel 2007 rilevazioni analoghe furono registrate a febbraio, cioè ad otto mesi del massimo, mica il giorno prima. E poi bisognerebbe ricercare le circostanze in cui la volatilità è calata fino a raggiungere questi livelli, non quelli in cui se n’è discostata.
Se esaminiamo la media annuale del VIX, che evidentemente smussa l’erraticità altrimenti sempre ben presente, rileviamo che questa misura della volatilità è prossima alla soglia del 12.5%. Una soglia raggiunta in due altre circostanze nel passato: a fine 1993 e nel 2006. Peraltro, questo picco minimo fu seguito da un balzo effimero, prima di un nuovo e definitivo minimo: proprio come accade non di rado alle quotazioni azionarie.
Sta di fatto che dal secondo minimo di fine 1995 e febbraio 2007 la volatilità spiccò definitivamente il volo. Ma nel caso più recente, come si rileva, il mercato salì per altri otto mesi, mentre a metà anni Novanta partì il bull market più esplosivo degli ultimi 90 anni.
Dunque la volatilità non è bassa. Può scendere ancora, in termini medi, e poi restare bassa per un considerevole arco di tempo. Chi compra volatilità sarebbe destinato a soccombere, a meno che lo faccia con finalità di hedging.
Il confronto fra VIX e volatilità storica a 30 giorni parla chiaro: allo stato attuale il VIX si dovrebbe attestare già da tempo a singola cifra: poco sopra i 9 punti. Come a dire che su questi livelli la volatilità va venduta, non comprata.
Questa non vuole essere una formale raccomandazione operativa, quanto un monito per chi sta valutando di riuscire a “passare alla storia” per avere venduto lo S&P 500 sul massimo assoluto, argomentando questa decisione con una volatilità che “più bassa non si può”. Ebbene costui rischia di rimanere deluso...