La volatilità è destinata a rimanere bassa

- 01/08/2014
Se c’è un assunto che gli studiosi di volatilità conoscono a memoria, è che la volatilità ha caratteristiche mean reverting: quando è bassa torna verso i livelli medi storici; e analogamente quando è troppo elevata si ridimensiona inesorabilmente. Tutto vero, in teoria, con una avvertenza non sempre esplicitata: la tempistica. Perché è vero che a bassa volatilità segue alta volatilità, e viceversa; ma mai siamo in grado di stabilire quando si concretizzi tale processo.
Gli esempi abbondano: si fa subito a ricordare che la volatilità ha raggiunto gli stessi livelli del 2007 (febbraio 2007, per l’esattezza: ben otto mesi prima del massimo di mercato); ma è altresì vero che questi infimi livelli furono raggiunti già a metà 2005. Il VIX rimase incorato ai minimi termini per un paio d’anni. E allora, non c’era il sospetto che un contesto di volatilità eccezionalmente basso, fosse il risultato delle manovre monetarie eccezionali delle banche centrali.
Benché non si abbia alcuna intenzione di suggerire la riscrittura dei testi di finanza, l’impressione empirica è che bassa volatilità chiami bassi volatilità; meno evidente essendo il fenomeno della persistenza di questo tipo di tendenza sui “massimi” (di volatilità, beninteso).
Un prova è offerta qui in alto. Si lavora sulla scarsa attitudine della borsa americana a far registrare escursioni giornaliere superiori al punto percentuale in valore assoluto. In particolare, sulla sostanziale assenza di cali superiori all’un percento su ampi archi di tempo. Sicché l’indicatore in alto risponde alla domanda: «Quante volte, negli ultimi 40 giorni (otto settimane, quasi due mesi) lo S&P non ha perso almeno l’1%?». La risposta è sconsolante, per gli Orsi: quasi sempre. Soltanto una volta, nelle ultime otto settimane, lo S&P ha ceduto più dell’un percento.
Questo vigore è in essere da quasi due anni e mezzo: da marzo 2012, quando per la prima volta fu registrata una sequenza di 40/40: 40 giorni consecutivi, senza una perdita superiore al punto percentuale. Da allora, una simile circostanza è stata sperimentata diverse altre volte; l’ultima, a giugno.
Questo fenomeno è risultato assente dal 2007 al 2012, mentre è stato ricorrente fra il 2004 e il 2007, per negarsi ancora una volta fra il 1997 e il 2003. Facile riscontrare come il fenomeno descritto coincida con periodi di alta e bassa volatilità, così come fotografata dal VIX. il quadrante inferiore appunto mostra l’indicatore di volatilità calcolato dal CBOE, assieme al livello medio (in verde) per i periodi selezionati.
Evidentemente, periodi di robustezza del mercato, in termini di riluttanza a cedere più dell’1% giornaliero, sono stati associati a fasi di bassa volatilità, così come espressa dal VIX; viceversa, periodi in cui il mercato ha fatto registrare una maggiore propensione a cedere in misura significativa a fine seduta, sono stati abbinati a periodi di elevato livello del VIX, mediamente parlando.
Sotto questo profilo, si può concludere che il posizionarsi della volatilità, stabilmente su alti o bassi livelli, sia caratteristica abbastanza accertata. Un periodo simile fu sperimentato fra il 1993 e il 1996, e fra il 2004 e il 2007; facile prevedere che la bassa volatilità possa permanere su bassi livelli fino alla fine del prossimo anno.