Mercato direzionale e poco volatile: ma non è la prima volta...

- 28/05/2015
«Che noia questi mercati: non succede mai niente. Tranne una trascurabile circostanza: i massimi storici sono sistematicamente migliorati». Sembra di udirlo, il lamento degli investitori che da anni puntano sulla borsa americana: che gusto c’è, ad investire su Wall Street, se i 16 trilioni di dollari di maggiore ricchezza generata in sei anni, non passano da 43 mesi nemmeno per lo straccio di una formale correzione del dieci percento?
Strana gente, questi investitori. Gli dai la volatilità, e si lamentano dell’erraticità delle quotazioni. Gli togli la volatilità, e si guarda intorno con circospezione, cercando ansiosamente uno spettro che sia uno; fosse anche sanitario: chi ricorda lo spauracchio dell’Ebola, frettolosamente riesumato lo scorso autunno prima della ripartenza dei listini azionari?
Dicono: «la Fed ha manipolato pesantemente l’andamento dei mercati, mutandone irrimediabilmente il meccanismo di funzionamento». Mica vero. Basta fare due calcoli per accorgersi che un contesto di elevata direzionalità e scarsa volatilità è già stato registrato in un passato neanche tanto remoto. Ah, questa memoria corta degli investitori...
Da tre anni a questa parte, praticamente non passa mese senza che il massimo mensile precedente sul Dow Jones non venga migliorato. Roba che se un investitore si fosse concesso un viaggio interstellare nel 2009, tornato sulla Terra si aspetterebbe di trovare il solito titolo entusiasta a nove colonne sul suo periodico finanziario preferito (e invece no).
Il bello è che questi massimi crescenti sono realizzati sommessamente, come quella famosa candeggina («senza Straaapp»). Fuor di metafora, da chiusura a chiusura mensile, lo scostamento è davvero esiguo. Per rilevarlo, è sufficiente calcolare lo scostamento medio, in valore assoluto, delle ultime dodici rilevazioni mensili sul Dow Jones: prescindendo dunque dal segno – positivo o negativo – della variazione mensile, rileviamo come nell’ultimo anno in media di mese in mese il Dow Jones abbia fatto registrare una variazione di poco superiore al 2%, come testimonia la figura in alto.
Poco, molto poco. Meno del dato registrato a fine 2010, quando nei dodici mesi precedenti la variazione media mensile, sempre in valore assoluto, si attestava oltre il 5%. Dunque è vero che la volatilità è andata drasticamente calando, a fronte di un bull market sempre più convinto di se’. Ma cosa ce ne facciamo di questo dato?
Alle volte la storia si ripete, per fortuna di noi analisti tecnici. L’andamento di Wall Street degli ultimi sei anni non è dissimile da quello del precedente bull market del 2003-2007: l’esaurimento del minimo del mercato Orso (2002 e 2008) è stato segnalato da una dilatazione della volatilità, sotto forma di media a dodici mesi della variazione mensile (punti 0 sul grafico) superiore al 5%. Con il bull market definitivamente partito (2003 e 2009) soltanto quando questa misura della volatilità ha raggiunto lo zenit (punti 1).
Il ridimensionamento della volatilità è risultata caratteristica precipua del bull market, con la misura in questione scesa fino all’1.5% nel 2006, e al recente 2.0%.
Un’osservazione interessante riguarda il comportamento della volatilità e il massimo assoluto: quando ad ottobre 2007 lo S&P raggiunse il suo precedente massimo storico (punto 3), la volatilità era in crescita già da più di un anno. Sicché, ammesso e concesso che il recente accartocciamento della volatilità abbia raggiunto un minimo definitivo, superiore al livello infimo raggiunto nel 2006; da questa prospettiva un aumento della volatilità non dovrebbe essere considerato di per se’ fattore minaccioso. Se lo schema del precedente bull market dovesse ripresentarsi, Wall Street potrebbe migliorarsi fino al prossimo anno, a fronte di una maggiore variabilità da mese a mese.
Chissà, magari nello stadio terminale di questo bull market sopraggiungerebbero – buoni ultimi – i piccoli investitori, che con la loro esuberanza contribuirebbero ad aumentare la volatilità di mercato… Ma non possono occuparsi d’altro, lasciando perdere la borsa?