Volatilità
Performance elevate e volatilità bassa vanno a braccetto

Analisti ed investitori sono sulle soglie della schizofrenia. Gli indici americani migliorano all’unisono i massimi storici, e lo fanno perdipiù in condizioni invidiabili di volatilità. Nell’ultimo anno la variazione giornaliera dell’indice S&P500, in media, è stata in valore assoluto inferiore allo 0.5%. La “politica dei piccoli passi” evidentemente avrà giovato non poco a Wall Street, salita nel frattempo in misura superiore al 20% rispetto ai minimi depressi e deprimenti di un anno fa.

Per ritrovare una variabilità così contenuta delle quotazioni dobbiamo risalire indietro addirittura di quasi dieci anni: risale al 2007 l’ultimo episodio analogo.
L’aspetto irritante è che allo stesso tempo, il mercato ha messo a segno un rialzo da favola, che legittimamente disturba chi è rimasto a guardare, temendo proprio una volatilità insostenibile, da anni assente a Wall Street.
In effetti, a ben guardare, non c’è alcun anomalia: quotazioni crescenti e volatilità calante è uno standard, oltreoceano. Perlomeno dal 2007 – da vent’anni, a ben vedere, come vedremo tra poco – la media ad un anno della variazione giornaliera in valore assoluto dello S&P500 (linea grigia, scala di destra rovesciata nel grafico in basso) e la performance ad un anno dello S&P500 (linea blue, scala di sinistra) vantano una evidente correlazione.

La domanda che dunque a questo punto ci si pone è: cosa rappresentano questi estremi? Performance sfavillanti, a fronte di volatilità contenuta: la storia suggerisce un percorso comune, una volta conseguito questo setup?
Abbiamo interrogato il database, riscontrando dal 1970 appena cinque precedenti, in cui lo S&P cresca in un anno di almeno il 20%, vantando al contempo una volatilità giornaliera – nei termini descritti – inferiore allo 0.5%.

Due riflessioni si impongono. La prima: la correlazione inversa fra performance e volatilità è in essere dalla fine degli anni Novanta. Grosso modo, da quando sono partite le spinte deflazionistiche/deflattive. Chissà se un ritorno stabile ad una crescita ben misurabile dell’inflazione, riuscirà a distorcere questo fenomeno. Prima del 1997 in effetti la correlazione era diretta: maggiori performance si accompagnavano a maggiore volatilità, come appare ragionevolmente logico.
La seconda considerazione si riferisce al seguito prevedibile: la configurazione proposta in due occasioni è coincisa con primari massimi di mercato (fine 1972 e maggio 2007), in due casi con vistose accelerazioni verso l’alto (inizio 1986 e metà 1995); mentre nel caso più recente ha inaugurato un prolungato quanto fastidioso trading range.
Non è dato sapere, da questo punto di vista, cosa ci attende. Certo, si direbbe, pur tenendo conto del campione limitato a disposizione, che qualcosa di rilevante succederà, nei mesi a venire. Staremo a vedere...

Presidente della Schaeffer's Investment Research, Inc, e autore di "The Option Advisor", un best seller nel settore delle opzioni, di cui esiste dal 1981 una newsletter omonima. Continua...