Pronti a comprare volatilità?

- 22/09/2017
La borsa di Chicago ci usa la cortesia di rendere disponibile i dati in tempo reale della volatilità implicita delle opzioni sull’indice azionario. Nel tempo il CBOE si è specializzato fornendo un ventaglio di misurazioni, che ha contemplato sia differenti durate, sia diversi indici, al di là dell’originario S&P100. Manna dal cielo, per i trader e gli analisti tecnici.
Il problema è la limitatezza dello storico a disposizione. Con riferimento ad esempio al comune VIX, che si sofferma sulla volatilità a 30 giorni delle opzioni sullo S&P500, la serie storica è retro calcolata fino al 1990.
Possiamo azzardare che i correnti livelli siano piuttosto bassi, ma chi può dirlo? Dopotutto abbiamo soltanto due precedenti storici a disposizione (fine prima metà degli anni Novanta, e 2006-2007), e la risposta del mercato azionario fu nelle circostanze diametralmente opposta.
Ci sono però degli espedienti che consentano di generare un VIX “sintetico”.
Invero anche molto semplici. Ad esempio, potremmo calcolare il numero di volte, in un anno, che la borsa americana sperimenta una variazione giornaliera, in valore assoluto, superiore al punto percentuale. Una statistica, di questi tempi, più contenuta del numero di volte in cui Belen Rodríguez è stata immortalata completamente vestita.
A sorpresa, il dato finisce per risultare pressoché sovrapponibile a quello del VIX.
La correlazione è indiscutibile. Evidentemente si potrebbe ottenere una sovrapposizione più appagante per l’occhio, attraverso un’opera di fine tuning. Ma lo scopo non era quello di stupire l’osservatore; quanto quello di disporre di una misura che consentisse valutazioni storiche.
Annotiamo intanto che il numero di volte, nell’ultimo anno, in cui Wall Street si è davvero mossa, al termine di una seduta (saldo giornaliero superiore al punto percentuale, positivo o negativo che sia stato); ammontano ad appena 12: su 250 sedute. Una volta al mese, in parole povere. Nel 2012 il contatore di sedute volatili svettava fin sotto le 100 volte all’anno; nel 2009 arrivò a 160 volte: due volte ogni tre giorni.
Ma lasciamo da parte queste statistiche, e diamo dunque un’occhiata a cosa rivela storicamente il nostro VIX sintetico…
Partendo dal 1970 – potremmo risalire fino al 1928, ma ne risentirebbe la leggibilità del grafico – in effetti abbiamo conferma di un sospetto: storicamente, la volatilità corrente è bassa, anche se non senza precedenti.
Adesso, si scorgono cinque precedenti simili, se individuassimo tutti i casi in cui il VIX sintetico scivoli sotto le 20 volte in un anno. Ancora pochini per giungere a conclusioni definitive; anche perché la risposta per lo S&P500 è sempre stata mista: in due occasioni le svolte verso l’alto della volatilità sono coincise con rilevanti massimi di mercato, in tre casi con un’estensione del rialzo.
Qual dunque è la direzione a cui assisteremo nei prossimi anni? Non è dato saperlo, da questo punto di vista. Ciò che sappiamo è che la volatilità è storicamente su infimi livelli, e che quando svolterà verso l’alto, il mercato assumerà una tendenza netta: un’inversione, ovvero una esasperazione del rialzo.
Ciò che sappiamo, in termini ragionevolmente certi, è che ad un molto presto sarà premiante “comprare volatilità”. Una notizia che aumenterà ansie e grattacapi per i piccoli investitori – come tradurre in pratica operativa questa indicazione? – e getterà nello sconforto i fondi hedge, che negli ultimi anni hanno letteralmente prosperato, andando corti di volatilità.